martedì 30 giugno 2020

Sentenza contro Berlusconi pilotata, dopo 7 anni di gogna ristabilita la verità

Tribunale di Milano smonta accuse di frode fiscale a Berlusconi: “Fu un plotone di esecuzione”





Ci sono le prove che la sentenza che condannò Berlusconi al carcere, nel 2013, e che diede il via al declino precipitoso di Forza Italia, era una sentenza clamorosamente sbagliata. E perdipiù c’è il forte sospetto che lo sbaglio non fu dovuto solamente a imperizia dei giudici, ma – forse: scriviamo dieci volte forse – a un disegno politico del quale è difficile stabilire con precisione gli autori. Una persecuzione in piena regola? Decidete voi.
Vediamo bene cosa è successo. Prima a grandi linee e poi nel dettaglio. Berlusconi, come ricorderete, è stato condannato una sola volta (negli altri 70 processi che ha subito è sempre stato o archiviato o assolto o prescritto). Questa condanna – definitiva – risale al 1 agosto del 2013 (allora Forza Italia viaggiava sopra al 21 per cento dei voti). La sezione feriale della Cassazione che emise la sentenza di condanna era presieduta dal magistrato Antonio Esposito (che oggi è un editorialista del Fatto di Travaglio). Relatore era il magistrato Amedeo Franco.​

 A sette anni di distanza emergono delle novità molto importanti, contenute in un supplemento di ricorso alla Corte Europea (contro la sentenza della Cassazione) presentato giorni fa dagli avvocati di Berlusconi (Andrea Saccucci, Bruno Nascimbene, Franco Coppi e Niccolò Ghedini). Le novità essenzialmente sono due: una sentenza del tribunale civile di Milano che ribalta la sentenza penale; e una dichiarazione del dottor Amedeo Franco – ripeto: relatore in Cassazione – che racconta come la sentenza di condanna di Berlusconi da parte della Cassazione fu decisa a priori e probabilmente teleguidata. Per questa ragione era una sentenza molto lacunosa dal punto di vista giuridico.​



 Partiamo dal primo punto: la sentenza del tribunale civile. È una storia paradossale. Succede questo: la sentenza di condanna di Berlusconi (per frode fiscale) si basava sul presupposto che Mediaset avesse comprato dei film americani attraverso la finta mediazione di un certo Farouk Agrama, pagandoli molto meno di quello che Agrama fece risultare. La differenza tra prezzo vero e prezzo falso fu equamente spartita. La metà la usò Mediaset per abbassarsi le tasse, l’altra metà Farouk Agrama la intascò e la depositò in un conto svizzero. I magistrati sequestrarono il conto svizzero di Agrama. Berlusconi cercò di spiegare che in quel periodo, siccome faceva il presidente del Consiglio, non si occupava dell’acquisto dei film e tantomeno della dichiarazione dei redditi di Mediaset. Ma i giudici di primo, secondo e terzo grado non gli credettero. Sebbene la cifra evasa (circa 7 milioni) rappresentasse meno del 2 per cento dell’intera dichiarazione fiscale. Il processo fu rapidissimo, a smentire la tradizionale lentezza dei tribunali italiani. In primo grado, nel giugno del 2012, il Pm (quel dottor De Pasquale, noto per non aver liberato il presidente dell’Eni Cagliari ed essere partito per le ferie: nel frattempo Cagliari si suicidò; e noto per avere inseguito inutilmente l’altro presidente dell’Eni Scaroni, assolto) chiese 3 anni e otto mesi. La Corte arrotondò a quattro. L’appello si concluse nel maggio dell’anno successivo, confermando la pena, e tre mesi dopo, ad agosto, arrivò la sentenza della Cassazione. Record olimpico di velocità.​

 A quel punto – incassata la condanna e scontata ai servizi sociali, e incassata anche l’esclusione dal Senato sulla base della Legge Severino, approvata in tempi successivi all’ipotesi di reato e dunque, per la prima volta nella storia della Repubblica e anche del Regno, con l’attuazione retroattiva di una legge – incassato tutto ciò, Berlusconi (più precisamente Mediaset) si rivolse a un tribunale civile in virtù di un ragionamento molto semplice: se davvero, come dite voi, Agrama mi ha fregato tre o quattro milioni, me li ridia. ​


C’è stata appropriazione indebita. Il tribunale civile di Milano, con una recente sentenza, dopo aver esaminato tutte le carte e ascoltato tutti i testimoni, e preso in considerazione tutti gli atti dei processi penali, compresa la sentenza della Cassazione, ha escluso che ci fosse appropriazione indebita, ha stabilito che l’intermediazione non era fittizia, che la società di Agrama (che le sentenze penali avevano dichiarato fosse un’invenzione) è una società vera e propria e ben funzionante, e ha anche stabilito che non solo non ci fu maggiorazione nelle fatture, ma che il prezzo al quale Mediaset comprò era un ottimo prezzo. Diciamo che ha smontato a pezzettini piccoli la sentenza di condanna di Berlusconi.​
Ce n’è abbastanza per gridare allo scandalo? No: aspettate, aspettate.​
È successo che dopo la sentenza, il dottor Franco (cioè, ricordiamo di nuovo, il relatore in Cassazione) incontrò Berlusconi e commentò la sentenza e l’andamento del processo. Berlusconi non era solo, quando incontrò Franco, c’erano dei testimoni a questo colloquio, e uno dei testimoni registrò. Tra poche righe ricopiamo parte della trascrizione di questo colloquio. Prima vi diciamo che gli avvocati di Berlusconi sostengono che in questi anni non hanno usato la registrazione per rispetto del magistrato, che era rimasto in attività. L’altr’anno però il dottor Franco è morto, e ora gli avvocati di Berlusconi hanno deciso di usare la registrazione e l’hanno depositata nel ricorso alla Cedu. Qui mi limito a trascrivere un po’ di frasi. Sono frasi che fanno accapponare la pelle, specie se si pensa che questo magistrato non è uno qualsiasi, è stato il relatore nel processo a Berlusconi e, ragionevolmente, ne ha chiesto inutilmente l’associazione


Eccole qui.​
«Berlusconi deve essere condannato a priori perché è un mascalzone! Questa è la realtà… a mio parere è stato trattato ingiustamente e ha subito una grave ingiustizia… l’impressione che tutta questa vicenda sia stata guidata dall’alto… In effetti hanno fatto una porcheria perché che senso ha mandarla alla sezione feriale? … Voglio per sgravarmi la coscienza, perché mi porto questo peso del… ci continuo a pensare. Non mi libero… Io gli stavo dicendo che la sentenza faceva schifo…».​
In una seconda conversazione, sempre registrata, il dottor Franco sosteneva che «sussiste una malafede del presidente del Collegio, sicuramente…». E riferiva voci secondo le quali il presidente Esposito sarebbe stato “pressato” per il fatto che il figlio, anch’egli magistrato, era indagato dalla Procura di Milano per… “essere stato beccato con droga a casa di…”. E poi diceva ancora: “I pregiudizi per forza che ci stavano… si potesse fare…si potesse scegliere… si potesse… si poteva cercare di evitare che andasse a finire in mano a questo plotone di esecuzione, come è capitato, perché di peggio non poteva capitare…Questo mi ha deluso profondamente, questo… perché ho trascorso tutta la mia vita in questo ambiente e mi ha fatto… schifo, le dico la verità, perché non… non… non è questo, perché io … allora facevo il concorso universitario, vincevo il concorso e continuavo a fare il professore. Non mi mettevo a fare il magistrato se questo è il modo di fare, per… colpire le persone, gli avversari politici. Non è così. Io ho opinioni diverse della… della giustizia giuridica. Quindi… va a quel paese…». ​
Fermiamoci qui. Che vi pare? In piena magistratopoli c’è una nuova conferma che è più grande di tutte le precedenti. Spesso, molto spesso, la giustizia non ha niente a che fare con la giustizia. Le sentenze, qualche volta, o spesso – non possiamo saperlo – sono decise al di fuori dei processi e per motivi che non hanno niente a che fare con l’accertamento della verità. Talvolta in questo modo si rovinano vite. O reputazioni. Stavolta addirittura si è rovinato un partito e deviato il corso della politica nazionale. State sicuri che nessuno sarà chiamato a rispondere. Però fa rabbia. Figuratevi, Chi scrive mai ha votato per Berlusconi e mai e poi mai lo voterà. Lui è di centrodestra e io sono di sinistra, perché dovrei votarlo? Però sapere che è stata fatta con questi metodi vigliacchi la battaglia contro di lui, beh, sapere questo provoca dolore e paura.

Da "Il Riformista" di Sansonetti

Questa fogna a cielo aperto, braccio armato dalla sinistra per le "guerre" contro gli avversari politici di turno (Andreotti, Craxi, Berlusconi e oggi Salvini, la Meloni si prepari),  ha impunemente mutato la nostra democrazia.
Oggi grazie ad un pentito togato saltano fuuori le nefandezze golpiste e sovversive.

Angelo Cuicchi

domenica 14 giugno 2020

Coronavirus - Zone rosse

Conte costretto a confessare le sue responsabilità: «Ho deciso io di non istituire la zona rossa»

 


Non si è potuto nascondere Giuseppe Conte di fronte al procuratore aggiunto di Bergamo Maria Cristina Rota. Così, nel corso delle quasi quattro ore di colloquio avute ieri a Palazzo Chigi sulla mancata zona rossa ad Alzano e Nembro, ha ammesso le proprie responsabilità. “Ho deciso io”, ha spiegato il premier, facendosi comunque scudo dietro al “principio di massima precauzione”.

Angelo Cuicchi

P.S.
Ora chi lo dice agli ex ministri Bersani e Toninelli e a tutti i loro compagni che non mancano mai di stare zitti; eviterebbero continuamente di aprire bocca solo per dargli fiato!!!  
Per non dire altro dei giornalisti amplificatori della communicazione distorta; sia a mezzo stampa che televisiva.

sabato 13 giugno 2020

Coronavirus - Ora i 5 S se la prendono con i PM

Il senatore grillino Elio Lannutti si scaglia contro la Pm di Bergamo Maria Cristina Rota, che oggi ha audito Conte, e i ministri Speranza e Lamorgese sulla mancata istituzione della zona rossa a Nembro e Alzano Lombardo.
In pratica il partito più giustizialista d’Italia se la prende con la Procura di Bergamo perché vuole fare luce su inadempienze che hanno duramente ferito la popolazione lombarda. I pm sono bfravi solo quando indagano sugli avversari politici: è una vecchia storia, che si ripete anche col Movimento 5Stelle.

 Angelo Cuicchi

Boccia: in caso di pandemia le competenze sono dello Stato




La nostra Costituzione non prevede una clausola di supremazia, in qualunque circostanza, e non sancisce la preminenza dello Stato sulle Regioni. Ma il complesso delle norme vigenti ci consente di dire con chiarezza che in caso di emergenza nazionale, decide lo Stato, comanda lo Stato”. Parlava così Francesco Boccia, alla Camera, il 4 marzo. Il ministro per gli Affari regionali stava parlando dell’emergenza coronavirus e chiariva che le decisioni spettano allo Stato e non alle Regioni. “È evidente che nel caso di Covid19, trattandosi di una epidemia a carattere transnazionale – sottolineava ancora Boccia – il livello adeguato di misure di contrasto non può che essere quello statale. Anche nelle materie concorrenti, lo Stato può avocare a sé la funzione legislativa”. Dunque anche in tema di tutela della salute.

Angelo Cuicchi